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Riflessioni dal ritiro a Pontremoli con i Maestri Ling Ling e Lu


 

(Dagli appunti di Paola Dall'Ora, settembre 2018)


Quando pratichi è come essere un contadino: pianti un seme, ma il giorno dopo non spunta

subito un fiore o una pianta!

Ci vuole tempo, ci vogliono cure, occorre coltivare.

Dall’apertura della mente al raccolto ( = guarigione ) ci vuole del tempo.


Considerazione mia: questo implica un atteggiamento molto diverso che è stato più volte

ribadito, anche nell’ipotesi del ripresentarsi della malattia (le cosiddette “recidive“): di fronte a queste “erbacce“ (espressione mia) la medicina comune precipita conclusioni e azioni terapeutiche, in un’atmosfera in cui non ci si dà tempo, anzi si sostiene che non c’è tempo, bisogna agire. La cellula cancerosa non ha spazio, e toglie spazio alle cellule sane, e non dà tempo. Bisogna agire.

Al contrario in questa concezione si crea spazio nelle cellule stesse che hanno perso la via, e

nei tessuti cui appartengono, e come un buon contadino ci si pone in una giusta prospettiva

temporale: il raccolto della guarigione conosce varie stagioni, bel tempo e cattivo tempo,

stagioni più fortunate e meno, ma se con tenacia si coltiva il campo si arriverà al raccolto. Ci si

dà tempo.


Davanti alla cosiddetta recidiva non ci si affretta, e si pensa che faccia parte del lavoro di guarigione rimuovere, sciogliere quei blocchi che si ripropongono: col tempo che ci vuole.

Questo non significa concentrarsi sui blocchi, la mente deve pensare al bene di tutta la pianta

che verrà.

Un buon contadino lavora ogni giorno (costanza nella pratica!), cerca semi di buona qualità (scegliere con consapevolezza) e ha bisogno di acqua (apporto ambientale).

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